Free your mind | Diario di bordo n. 9

Free your mind | Diario di bordo n. 9

Mentre il nostro graffito comincia a prendere forma, grazie alla collaborazione tra @Smake e il bravissimo calligrafo palestinese @Yazid, lasciamo all’abile penna di @oyoshe il racconto di un’altra straordinaria giornata

Free your mind.
Ogni giorno, prima di iniziare le nostre attività ludico-ricreative, ci confrontiamo con quelli che sono i pensieri dei nostri bambini e ragazzi e , inevitabilmente, non possiamo fare a meno di trovarci dinanzi a quelle che sono le paure del riflesso di una realtà fatta di oppressioni e frustrazioni schiaccianti.

Sto imparando a conoscere il popolo Palestinese e comprendo sempre di più che la tolleranza è la chiave per relazionarsi.

In questi giorni, grazie a quello che mi compete, ovvero il rap, ho modo di capire cosa passa per la testa a questi adolescenti: “voglio morire”, “scavare un tunnel e scappare”, “scappiamo dal gigante che ci schiaccia”, “mi prendo a schiaffi fino a scomparire”.

Queste sono solo alcune delle frasi che cerco di evitare e sostituire con pensieri positivi in rima, con il carisma e la forza di volontà che, almeno per quello che mi concerne, solo l’hip hop riesce a darmi.

Gli occhi e le parole dolci in rima di Sarah, la velocita di apprendimento di Mohammed, lo sguardo perso nel vuoto sorprendemente trasformatosi in occhi a mezza luna di Amhed sono solo alcune delle cose che mi stanno dando tanta forza in questi ultimi giorni, dilazionando e rallentando il tempo, liberando la nostra mente dall’ingombro dei mostri della vita vera per qualche ora, distanziandoli con abili mosse di danza, colorandoli con i colori vivaci o tenendoli alla larga con parole sparate a più non posso…

Sempre in direzione ostinata e contraria  | Diario di Bordo n. 8

Sempre in direzione ostinata e contraria | Diario di Bordo n. 8

Siamo sulla strada giusta! E a darcene conferma sono sempre loro, i bambini. Negli ultimi giorni, quando arrivano la mattina pronti per le lezioni quotidiane, oltre ai sorrisi, ci accolgono con grandi abbracci. Abbiamo la certezza di esser riusciti a rompere qualsiasi timidezza, siamo davvero una grande squadra!

Lo story telling di oggi si è focalizzato sulle differenze e disabilità con l’utilizzo del libro “Barthello’s wing” che racconta la storia di un insetto coraggioso con un’ala sola. Tra le tante cose è stato interessante notare come a differenza di ciò che accade in Italia, qui etnie e colori di pelle diversi non generano alcun tipo di discriminazione ma, anzi, suscitano solo una sana curiosità.

La grande novità di oggi è il muro della scuola che ha iniziato a prendere colore. Nei prossimi giorni comparirà la scritta “Gaza is Alive” e al posto dei mattoni grigi, quando ci si affaccerà alle finestre delle aule, si potranno vedere tutte le sfumature che caratterizzano questa splendida terra.
Mentre ai piani alti si continua a ballare, rappare e disegnare lettere, in giardino il nostro instancabile Smake ha tracciato le linee della scritta e nella jam conclusiva i bambini completeranno l’opera personalizzandola ognuno con la propria tag.

Allo stesso tempo anche con Oyoshe e Thomas tutto va per il verso giusto. I gruppi stanno imparando a stare “on stage”, lavorando anche sulla gestualità e presenza scenica con sinergia e grande coinvolgimento.
Magari è presto per dirlo, però pare che stiamo facendo un bel solco nella strada verso il traguardo!

Quello che inoltre è emerso a fine giornata e che merita di essere raccontato è che finalmente anche alcune famiglie locali iniziano a vedere in modo meno sospettoso il nostro approccio. 

Lo testimonia uno dei ragazzi durante il feedback finale, supportato da altri bambini che sentono di riconoscersi nelle discipline dell’Hip Hop, di sentirsi liberi di poter inviare un messaggio alle persone e di essere motivati nel continuare a farlo.

Inchiostro Nero | Diario di Bordo n.7

Inchiostro Nero | Diario di Bordo n.7

Scrivere di Hip Hop non è sempre semplice, perché l’Hip Hop è qualcosa che si vive, ti scorre dentro le vene, lo senti nell’anima. E questo è quello che accade a Sara, una ragazza nata e cresciuta a Gaza, che nella freschezza dei suoi 16 anni riesce a stupirci lasciandoci senza parole.
Quando la guardi, con i capelli semi nascosti sotto il suo foulard nero, traspare la sua riservatezza, una timidezza che non le rende giustizia. Però Sara non è timida, nè tantomeno riservata, da lei emerge tutta la voglia di raccontarsi e di raccontare la sua storia!

Ma partiamo dall’inizio. Sara è stata la prima ragazza a partecipare ai nostri workshop, già questo denota una determinazione fuori dal comune, ed è stata un esempio per il gruppo e le ragazze che successivamente si sono unite a noi. E’ vero, ha partecipato ai workshop di tutte le discipline (ballo, canto e disegno), ma aveva già le idee chiare su cosa volesse fare: la sua passione è il rap!

E allora abbiamo deciso di assecondare questa passione credendo in lei e nel suo talento, come difficilmente accade da queste parti, inizialmente affiancandola nella scrittura collettiva delle canzoni, ma non era abbastanza.
Quando l’abbiamo conosciuta, si è presentata con un foglietto con le sue rime e oggi abbiamo registrato, con Oyoshe e Ayman, il suo primo pezzo.
Non vediamo l’ora di farvelo sentire, perché è una vera bomba!!

Fino a qui vi abbiamo raccontato la storia di Sara, ma come lei ci sono Mohammed, Ibrahim, Tom… ognuno con la propria “skill”, ognuno con la sua storia da raccontare.

Non siamo qui solo per divertirci insieme a loro, ci siamo anche e soprattutto per dare un supporto psicologico.

Il lavoro su cui ci siamo concentrati oggi, nel momento collettivo di riflessione che ci ritagliamo quotidianamente, ha preso spunto dal libro “Angry Octopus”, la storia di un polpo, il quale, dopo aver subito la distruzione della propria casa da parte di alcuni astici, viene assalito dalla rabbia, tanto da liberare tutto il suo inchiostro ed attirare l’attenzione di una sirena che lo aiuterà nella gestione della collera.
Sono emerse, dal racconto dei bambini, le reazioni più comuni nei confronti delle ingiustizie subite, reazioni che proveremo a trasformare in musica, danza e pittura.

Stiamo migliorando! Di giorno in giorno.

Piccoli draghi, fischi e altre favole | Diario di bordo n. 6

Piccoli draghi, fischi e altre favole | Diario di bordo n. 6

Continuano le attività della nostra “Hip Hop high school”, senza dimenticare l’aspetto psicologico del progetto.

Prima dell’inizio dei laboratori, quotidianamente ci confrontiamo con i ragazzi per provare a comprendere le difficoltà che affrontano.

Come si può facilmente immaginare, la vita di un bambino o di una bambina di Gaza è segnata da numerosi eventi potenzialmente traumatici: non solo i bombardamenti, ma anche l’estrema povertà, i numerosi casi di abusi domestici, l’assenza del lavoro e di un welfare state capace di arginare il proliferare di comportamenti dannosi per la salute dei bambini e un sistema pedagogico ancora incentrato sulla violenza come mezzo educativo.

Per facilitare l’espressione delle difficoltà dei ragazzi, siamo partiti dalla fiaba “Help your dragon with anxiety”, un libro che tratta, attraverso la storia di un draghetto pauroso, i temi dell’ansia, le conseguenze che porta e alcune idee su come affrontarla. In particolare ci ha permesso di indagare le paure dei ragazzi, che sulla scia degli esempi del libro si sono sentiti liberi di esprimersi e confrontarsi non solo sulle loro paure ma sulle modalità che loro stessi adottano per cercare di trasformarle. Come oggi ci ha infatti spiegato il nostro psicologo Alberto Mascena “la paura è come il fuoco, se la tocchi ti fai male, se impari a governarla, puoi portare la sua energia dentro di te”.

Vogliamo condividere con voi solo alcune delle riflessioni che riteniamo rappresentative e che non hanno mancato di farci stupire.

Quando abbiamo chiesto ai bambini di riprodurre con la voce un suono che fosse riconducibile alla paura, ci aspettavamo di sentire il suono di una bomba. La maggior parte di loro ha invece riprodotto il fischio che ne precede l’arrivo piuttosto che l’esplosione stessa. Il rischio di poter essere un bersaglio dei bombardamenti rappresenta uno stress maggiore, per evidenti motivi. 
Accanto ai suoni non sono mancati anche i colori da abbinare alla paura e un colore che ci ha stupito è stato il bianco, il colore dei certificati scolastici, di quell’istituzione che dovrebbe rappresentare un ambiente sicuro, ma che in realtà è luogo in cui l’educazione passa attraverso la violenza, con quelle che un tempo erano le classiche “bacchettate”.

Sarà anche per questo motivo che i ragazzi, di noi, hanno apprezzato la possibilità di poter parlare ed esprimersi liberamente, considerandoci come degli amici, senza stress o alcuna paura che potesse farli bloccare o farli sentire giudicati. E’ stato forse anche grazie a questo che oggi abbiamo avuto l’ingresso di tre nuove bambine che insieme agli altri ragazzi, citando il nostro rapper Oyoshe, si sono sentite uguali tra di loro, trovando nell’aggregazione lo stimolo e l’impulso ad esprimersi. 
Oggi, insieme, hanno scritto questa strofa che vi traduciamo qui di seguito:

Io non ho paura, ma non dormo
Sono forte come un leone
L’amore su di me è come una tunica
Il nostro vestito è un esempio di amore
E l’animale che più ci rappresenta è l’orso 
E’ rock, è l’hip hop
Osservo tutto come davanti al computer
Ma scrivo il rap con la penna
E voglio dipingere con il pennello la Palestina
Perchè l’hip hop mi fa sentire magnifico

Cos’è un blocco navale?

Cos’è un blocco navale?

Questa foto potrebbe essere stata scattata in una qualsiasi spiaggia del mondo.

Ritrae dei giovani impegnati in una partitella di calcetto sulla spiaggia, un momento gioioso fatto di piccole cose: un pallone e delle porte improvvisate.

Gli ultimi istanti di luce prima del buio.

Ma qui siamo a Gaza, quelle lucine sulla destra non sono le lampare dei pescatori ma le luci delle motovedette israeliane.

Fra pochi istanti questa bellissima luce lascerà il posto a uno spettacolo che inevitabilmente farà inorridire lo spettatore.

Uno spettacolo a cui non si è mai preparati. Cioè, magari lo sai che centinaia di navi israeliane sono schierate davanti a te, navi da guerra, portaerei e fregate ma non puoi, non si riesce ad immaginare cosa sia davvero un blocco navale costante finché il sole non va giù e la luce calda del sole lascia il posto a migliaia di lucine bianche che galleggiano proprio sulla linea dell’orizzonte.

Costosissime navi da guerra sono lì, pronte a sparare a qualunque cosa si muova in mare: non importa che siano pescatori o magari qualche disperato che tenta di forzare il blocco per riuscire a scappare dall’assedio.

Ma non sono lì solo per sparare, sono lì perché l’idea è che i palestinesi siano come cave da laboratorio, occorre capire fino a che punto possano resistere psicologicamente a tutto questo sapendo di essere circondati.

È una guerra costante, sporca e sproporzionata la cui prima vittima sono i nervi costantemente tesi.

Così passi dal tramonto all’orrore in pochi minuti, mentre fumi in spiaggia tabacco aromatizzato alla mela.

Poi gli spari, chissà perché, chissà a chi. Provi a farti suggerire dagli occhi dei tuoi amici palestinesi quale sia il sentimento giusto da provare in quel momento ma ci trovi solo l’abitudine e la speranza che tutto questo, in qualche modo, finisca.

Non oggi, sai che non è oggi quel giorno e allora torni a guardare le luci all’orizzonte chiedendoti come la gente possa vivere tranquilla sotto le bombe.

#gazaisalive #hiphopsenzafrontiere

Day 5 | Gaza is Alive alla rampa di Gaza Freestyle Festival

Day 5 | Gaza is Alive alla rampa di Gaza Freestyle Festival

Day 5 | Gaza is Alive alla rampa di Gaza Freestyle Festival

Oggi è venerdì, giorno di festa qui a Gaza, come in tutti i paesi arabi, e nostro day-off!

Siamo scesi per le strade di Gaza city, guidati dalla rassicurante presenza di Meri Calvelli dell’ONG ACS. Siamo andati a trovarla al Centro di Cultura Italiana dedicato a Vittorio “Vik” Arrigoni,in memoria dell’attivista di ISM sacrificatosi per la popolazione Palestinese, ormai divenuto simbolo importante qui in terra Gazawa.

Dopo il pranzo di fronte a un suggestivo panorama dalla finestra della loro sede, ci siamo recati verso la spiaggia, armati di bombolette spray, palloni da calcio e tanta voglia di diffondere sorrisi, doni e carisma.

I giovani del luogo ci hanno accolti subito a braccia aperte, che sono state riempite con i nostri regali; i palloni di cuoio con i quali ci siamo subito cimentati in un esilarante partita di calcio subito ribattezzata “Napoli-Juve”. Come da pronostico, la vittoria del “Napoli” è stata schiacciante ed è stata festeggiata con il classico coro “Maradona é meglio e Pelé”.

Nel frattempo, il nostro writer Davide Smake di é messo subito all’opera su una parte di muro libera sotto allo skatepark costruito dall’ultima carovana di Gaza Freestyle Festival, skatepark che nel frattempo si era riempito di ragazzi con pattini e tavole, attirando e radunando l’attenzione anche dei passanti e creando l’atmosfera di una vera e propria Jam Hip Hop o di un block party, nella migliore delle tradizioni di questa cultura.

Ovviamente non poteva mancare il momento per lo skateboard, con i rider e i parkur del posto che sono tanti, abili e spensierati.


A fine opera di Smake, a sole quasi calato, ci siamo diretti verso il nostro bus, portando con noi una carovana di ragazzi e ragazze che non ce la facevano più a staccarsi da noi, ma dovevamo raggiungere B-boy Shark, che é rientrato ieri a Gaza, dalla Germania.

Shark è uno dei B-boy che, grazie all’impegno a alla passione, è riuscito a concretizzare l’obiettivo di uscire dalla Striscia, rompendo il suo personale assedio, che qui a Gaza dura ormai dal 2007. Giunti alla scuola di danza della CB Crew al campo profughi di Nusseirat abbiamo abbracciato il nostro amico ed suoi allievi, che ci hanno accolti come ormai è solito da queste parti: con gioia e calore.

Con piacere, ma anche con un po’ di amarezza abbiamo ascoltato il racconto del suo viaggio di rientro; un viaggio estremamente difficile, fatto di ore di fermo all’aeroporto dovute ovviamente alla sua nazionalità Palestinese.

Fortunatamente la sua energia e voglia di tornare vicino alle persone che credono e confidano in lui non gli ha strappato via il sorriso e la volontà di continuare quello che ha iniziato: prendersi cura della sua crew, dei suoi ragazzi e del sogno che ha costruito sin dal 2003.

La nostra giornata finisce con l’ormai ambientatissimo Oyoshe che viene spinto su un carrello dagli “scugnizzi” come in una tipica scena dei vicoli di Napoli. Ancora sorrisi e abbracci, poi si torna al nostro dormitorio, perché domani ci aspetta un’altra intensa giornata di laboratorio con i nostri bambini e l’obiettivo di lasciare questa indelebile impronta di Hip Hop come una tag col “nero inferno” in una “Yard” fatta di calma apparente…